IL PRIMORDIALE DIRITTO ALLA PROPRIETÀ

Questo brano sulla proprietà era stato pubblicato nel 2005 su www.legnostorto.com e siccome nel nostro Paese ci sono ancora gli incurabili collettivisti che vorrebbero ancora oggi negarla, credo valga la pena di pubblicare questo – chiamiamolo pure – “saggio” nel mio sito con alcune piccole modifiche. Infatti, considero il principio talmente importante che l’arcana origine del primordiale e fondamentale concetto di proprietà merita un rinnovato commentario.Proprio perché, secondo me, questo concetto non appartiene solo a al mondo degli umani, ma si applica in generale a tutta la natura; infatti, lo si può osservare anche – se non soprattutto – nell’ambiente degli animali e addirittura fra nella vita delle piante, dove ogni forma di vita lotta per la propria sopravvivenza e per il proprio spazio, dove le radici degli alberi non esitano ad estendersi in ogni direzione, verso lo spazio che più si adegua alle proprie necessità e dove ogni piccolo mammifero appena nato, inconsapevolmente, difende la propria mammella per poi, più avanti, mettere a rischio la propria esistenza, perseguendo la propria preda da conquistare con lo sforzo e quindi con il proprio merito; quello di sapersi arrangiare.

Certo, ci sono anche gli insetti che vivono in una specie di società organizzata ed è il caso delle formiche e delle api che comunque hanno pure loro una certa gerarchia strutturata; tuttavia, noi primitivi e giovani mammiferi dell’evoluzione non abbiamo ancora raggiunto tale fase di “maturità” evolutiva e non la potremo raggiungere senza che ci si liberi prima di quella virtù dell’egoismo alla quale la famosa libertaria Ayn Rand dedicherà il suo celebre ed omonimo saggio. Una virtù che ci ha permesso di non essere solo semplici soggetti alla mercé degli eventi, bensì, di diventare anche protagonisti di noi stessi, capaci di reagire, di improvvisare e tentare di dominare alcune poche leggi della stessa natura; crediamo di essere, così, gli unici ad agire con consapevolezza in grado di trasmettere la memoria accumulata ai posteri in questa nostra magnifica transitoria e breve esistenza terrena.

La mia soggettiva lettura della realtà mi suggerisce che il concetto di proprietà deve nascere nel momento stesso in cui la prole si stacca dalla madre per diventare un essere parzialmente consapevole, se non proprio del tutto indipendente, ma pur separato dalla propria “matrice”. Il suo primo grido è quello di un “io” individuale e separato dalla madre non è solo un pianto di protesta per il fatto di trovarsi, improvvisamente, in un ambiente de tutto nuovo ed estraneo; è anche e, probabilmente soprattutto, un vero grido inconscio di libertà; è il riconoscimento che, dal momento in cui si separa dalla placenta, inizia una nuova fase della vita, una nuova condizione in cui dispone di uno spazio da “frequentare” suo e meno limitato, dove perfino il proprio peso assume una nuova dimensione. Il suo mondo si è allargato, non è più quello circoscritto e ridotto dalle pareti in cui si è sviluppato durante la gestazione. Il suo nuovo ambiente, il suo nuovo  spazio ampliato è, ora, aperto e tutto da scoprire; non ne conosce ancora i limiti che vorrà esplorare in modo indipendente, facendo uso della sua facoltà, una vera proprietà, sulla base della sua sensibilità e di una capacità di scelta indefinita e che da quell’istante in poi sfrutterà a sua convenienza per esplorare nuovi luoghi, apprendendo a conoscere se stesso ed anche sempre nuove sensazioni per tutto il resto della sua esistenza; prima, allungando semplicemente i suoi arti poi, assaggiando altri sapori, partendo dalle dita, poi odori, testure e temperature sempre più completi con tutti gli organi ed ogni altro mezzo che riuscirà a perfezionare.

Il concetto di proprietà, pertanto, cammina – potremmo dire – come su due binari paralleli a pari passo con il concetto di libertà; la libertà di dare priorità alle sue proprie preferenze. Proprietà e libertà sono due aspetti della stessa moneta, sono due concetti che nascono insieme dalla legge naturale e che non ha bisogno di conferme da parte dell’umana legge positiva, artificialmente messa a punto da altri semplici esseri umani. Ogni limite che questi inventeranno per limitare questo diritto naturale andrà direttamente contro la stessa legge della natura.

L’essere vivente appena liberato dalla sua “prigione” si dibatte nel suo nuovo ambiente per cercare di percepire e capire quale potrebbe essere la propria dimensione nell’universo; dimensione che non appartiene a nessun altro, ma solo alla creatura stessa. Questa azione in cui si dibatte, prova e procede in tentativi, serve anche alla prole a misurarsi, a determinare la proprietà dimensionale, la propria posizione in rapporto al resto che la circonda, tutto ciò è di suo legittimo diritto, è tutto un complesso di nozioni che con il passare del tempo non cesserà di accrescersi ed a cambiare continuamente. Questo insegnamento gli permette di definire, di dare una forma, una misura dei suoi limiti di proprietà nello spazio in cui si può muovere, avanzando e progredire. E questa ricerca ha inizio con la nascita ma finisce solo alla sua morte, così, almeno credo…

Per limitarmi alla libertà di scelta degli umani, si può dire che il poppante avrà anche la libertà di decidere il momento più adeguato per reclamare il suo alimento al quale ha diritto come ad una proprietà naturale, essendo quella porzione di tempo (il momento per liberarsi dai morsi della fame) di sua proprietà, anche se gli umani che lo circondano, soprattutto, i genitori cercheranno di condizionare questi suoi bisogni a proprio criterio. Eppure, fin dall’inizio, quella prole cercherà di decidere per conto suo se, quando e come esigere che la mamma gli porga il seno, scegliendo non solo il momento più adeguato alla sua preferenza, ma potendo anche non accettare o rifiutare ostinatamente il modo od il seno stesso che gli si porge in un dato momento. Essa, infatti, avrà anche la facoltà e la volontà di decidere le sue scelte, a seconda pure della sua posizione fra le braccia della mamma; e potrà preferire il seno sinistro o destro, in funzione delle circostanze e della posizione in un certo momento, ma anche in funzione della forma del capezzolo che egli preferisce e che meglio si adatta alla conformazione della sua boccuccia e che solo lui considererà più appropriata alle sue inclinazioni. Anche questa facoltà di scelta è una vera ed autentica proprietà individuale con la quale ogni mamma dovrà fare i conti, dovendo ogni mamma imparare a capire come meglio adeguarsi a tale specifica predilezione.

Dunque, tutto questo, secondo me, conferma l’antichità del principio di proprietà che si manifesta spontaneamente fin dalla nascita di ognuno di noi e non saranno i soliti teorici di turno, né i puntuali dogmatici di piantone che potranno negare all’individuo il naturale diritto di proprietà naturale di così arcane origini.

Ed è proprio da questa particolare consapevolezza di tutte queste forme di proprietà che nasce e si sviluppa l’identità dell’individuo. Un’identità che la renderà diversa da ogni altra personalità; con caratteristiche  che lo condizioneranno per tutto il resto della sua esistenza mondana. Naturalmente, gli eterni collettivisti potranno obiettare che l’identità costituisce qualcosa di eccessivamente astratto per poterla definire una proprietà; in tal caso, per difendere il nostro concetto, potremmo riferirci ai numerosissimi reperti archeologici dove, fin dalla più remota antichità, veniva riconosciuto un determinato diritto alla specifica proprietà materiale anche ai bambini, visto che nelle più diverse civiltà, sovente, insieme alle loro salme esanime seppellivano anche i giocattoli che avevano realizzato la loro gioia in vita.

Del resto, oggi nessuno può più negare come negli stessi regimi collettivisti i potenti dirigenti gestivano la cosa pubblica come degli autentici sovrani assoluti, come se tutta la Nazione e la stessa collettività fossero una loro particolare proprietà privata. Non solo trattavano come loro proprietà personali ogni bene materiale, ma si aggiudicavano perfino il diritto di appropriarsi e di reprimere la vita degli stessi individui… quelli scomodi, naturalmente.

Eppure, nessuno potrà mai negare che la vita di ogni individuo appartiene esclusivamente all’esclusiva sovranità degli individui stessi. Del resto, l’identità è – di fatto – un’autentica forma di proprietà, proprio perché è unica ed irripetibile e serve, appunto, a distinguere ognuno di noi dagli altri: senza questa particolare identità, non ci potrebbe essere l’ “io“, il “noi“. Questo genere di “proprietà privata”, quindi, risiede proprio in questo nostro “io” personale più intimo e non potrà mai essere collettivizzata né, in qualunque altro modo, essere ceduta. Infatti, ogni individuo è proprietario assoluto del suo proprio capitale umano, del suo impenetrabile intelletto, della sua intima conoscenza che solo singolarmente ognuno di noi sviluppa attraverso le proprie particolari ed ineguagliabili esperienze.

Allora, diventa chiaro – mi sembra – che di questo nostro patrimonio nessuno si potrà mai appropriare: esso non potrà mai essere integralmente rubato od estorto neanche dai più abili ed astuti delinquenti, né ce lo potrà sequestrare il più intransigente degli impostori, come non potrà essere ipotecato o pignorato nemmeno attraverso sentenze emanate dai più potenti giudici di qualsiasi tribunale superiore.

Pertanto, che a certi sinistri mancini piaccia o meno, malgrado le loro care artificiali teorie, possiamo tranquillamente concludere che certe leggi della natura non si possono ignorare e tanto meno negare; infatti, dal momento che siamo tutti uno diverso dall’altro – e, dunque, mai uguali -, ognuno di noi ha la sua propria singolare identità che ci distingue, ed è un incontestabile fatto che è proprio questa caratteristica di individualità che conferma il concreto concetto di proprietà privata, come qualità intrinseca dell’essere umano. Qualsiasi tentativo di negare questi dati di fatto non è altro che un inutile esercizio ingenuo in cui si pretende sostenere una vaga teoria in sostituzione della concreta realtà.

Pubblicato su www.legnostorto.com Lunedì, 23 May 2005, 20:28.