QUANDO ABBIAMO SMESSO DI PENSARE? di Irshad Manji (Recensione)

L’Islam moderato contro quello radicale

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Sono un incurabile sostenitore delle diversità e dei valori che da queste derivano; infatti, tutti gli individui nascono e crescono in momenti, ambienti e luoghi particolari; sviluppano esperienze con sensibilità e sentimenti specifici che permetteranno di vedere, concepire ed interpretare la realtà in maniere sempre del tutto differenti, anzi, uniche. In fondo, noi non interpretiamo la realtà sempre allo stesso modo; mentre tutto cambia attorno a noi, realizziamo ogni giorno nuove esperienze e di conseguenza concepiamo nuovi riflessi ed aspetti della realtà in costante mutazione.

Di fatto, nella loro convivenza, gli individui affrontando problemi, ostacoli e conflitti sempre diversi; nei propri dubbi cercano e trovano risposte e soluzioni che considerano adeguati in tempi e modi distinti; allora, nascono concezioni, lingue, culture, tradizioni, e perfino gastronomie speciali che tendono a rinnovarsi; insomma, formando  identità tipiche, ognuna delle quali in grado di colmare deficienze, costituendo un insieme di “complementi” compensatori delle lacune e dei limiti che caratterizzano ogni singola collettività, Nazione ed etnia. Così, nella loro opportuna e necessaria interazione, ognuno di questi può apportare un suo piccolo granello di sabbia a contributo dell’insieme e, di riflesso, anche ai cambiamenti ed allo sviluppo continuo, di nuove conoscenze peculiari che vengono ad arricchire non solo il singolo, ma aggiungono ed uniscono valore a tutto il patrimonio cognitivo dell’umanità intera.Per cui, tutti abbiamo molto da imparare e tutti hanno anche un qualcosa da aggiungere e da insegnare, proprio perché ognuno, a modo proprio, fa una sua lettura delle inaccessibili tante verità assolute. Pertanto, nessuno può negare che lo scambio di idee, di prodotti, di servizi e pure – se non proprio soprattutto – di geni, è oltremodo importante, anzi fondamentale per la conoscenza, per il progresso e lo sviluppo della stessa salutare sopravvivenza dell’umana esistenza.

Allora, quando ho appreso di questo saggio, senza curarmi troppo delle superficiali critiche negative, mi sono affrettato a leggerlo e sono ben lieto di poter affermare che non mi ha deluso, anzi. Infatti, in un’epoca in cui in troppi, con ingenua leggerezza, son soliti a fare di ogni erba un fascio, attribuendo vizi e peccati non solo a Musulmani, ma esternano inconcepibili preconcetti, sostenendo attributi che addebitano la pessima fama dei pochi fanatici fondamentalisti ed estendono sovente, queste discriminazioni ai molti moderati, senza risparmiare nemmeno tutti coloro che per capriccio della natura hanno tonalità della pelle, dei capelli e degli occhi “eccessivamente” scuri, ciò che li rende, dunque, troppo diversi da chi in maniera grottesca pretende definirsi legittimo discendente di una presunta ed immaginaria razza ariana superiore o roba del genere.

Fra l’altro, sappiamo benissimo che lo stravagante concetto di razza non è solo  oltremodo ambiguo, ma addirittura banale; infatti, non si può parlare di “razze” al plurale, perché ce n’è solo una: la razza umana. Anzi, sarebbe bene ridimensionare ai dovuti limiti anche l’assurdo mito della superiorità che noi Europei ci assegniamo. Non siamo gli unici a poter vantare meriti storici; altri Popoli hanno già vissuto periodi più o meno gloriosi, come altrettanti periodi di decadenza non hanno risparmiato nessuno: ascesa e declino si alternano ovunque e continuamente; ne sappiamo qualcosa anche noi quando, nel Medio Evo, vivevamo in uno stato di profonda barbarie, mentre l’Asia Minore prosperava e coltivava un progresso a noi del tutto estraneo, mentre per secoli o millenni la grande Cina dominava già tecniche e conoscenze, godendo di uno sviluppo che noi, allora, non potevamo nemmeno immaginare. Increduli, quelle meraviglie le scopriremo solo dai racconti di Marco Polo, al suo ritorno. Del resto, oggi le stesse situazioni di ascesa/declino sembrano invertirsi, nuovamente a favore dell’Asia.

Ebbene, non dovrebbe essere difficile quindi, riconoscere a queste pagine l’utile contributo che proporziona una migliore comprensione di chi – ai nostri occhi occidentali – può sembrare troppo diverso, solo perché coltiva tradizioni che nella nostra concezione sono eccentriche, perché veste abiti esotici ed a noi estranei, o perché pratica confessioni molto contrastanti in rapporto alla nostra. Questo libro, però, ci insegna che non tutti quelli che professano L’Islam sono intolleranti e fanatici. Del resto, da molte pagine di storia apprendiamo, pure, come per molti secoli i Musulmani osservavano principi di tolleranza ed erano meno intransigenti nei confronti dei Cristiani o degli Ebrei di quanto non lo fosse il clero della nostra Chiesa nei confronti di pagani od eretici. Certo, oggi molti temono l’Islam ed in tanti credono che tutti coloro che seguono la fede del Corano, praticano integralmente quella religione, interpretandola addirittura alla maniera dei terroristi che si fanno esplodere nei micidiali attentati, o di coloro che discriminano gli “infedeli” e soprattutto  le donne, relegandole al livello di poco superiore agli animali da barattare. La maggioranza dei Musulmani, invece, è moderata, tollerante ed anche accogliente; ma, se poi qualcuno di questi si sente discriminato, è anche comprensibile che, in difesa della propria identità, possa reagire, cercando di rifugiarsi e chiudendosi nella propria tradizione più ottusa, primitiva e becera.

La progressista Irshad Manji, nata in Uganda, è una nota giornalista musulmana canadese; dirige anche un suo programma televisivo inconsueto e  chiacchierato, perfino abbastanza irriverente in cui, indifferente alle perplessità di molti conservatori, ostenta apertamente il proprio diritto alle sue preferenze omosessuali; scelta che, in fondo, riguarda solo la sua vita privata; attitudine che, naturalmente, nella nostra legittima ed intima concezione, possiamo non condividere, pur senza poterci aggiudicare la discutibile prerogativa di censurarla.

Già il titolo di questo suo libro è rivelatore e preannuncia un po’ il filo conduttore del testo stesso. Si sforza a confutare certe generalizzazione e nega stereotipi che siamo soliti ad attribuire indiscriminatamente a tutti i Musulmani; infatti, l’autrice, in palese controcorrente, senza mezzi termini, non esita denunciare certe distorsioni in cui è caduto l’Islam e, soprattutto, non risparmia critiche ad alcuni degli stessi aspetti che si sono consolidati nelle loro più deleterie tradizioni e che non fanno affatto onore alla loro propria cultura, principalmente quando analizza certi costumi di rozzo conio medievale. Mi sembra, perciò, oltremodo positivo che queste oneste critiche vengano espresse, con tanto coraggio, in modo così diretto ed esplicito, proprio da una donna. Ciononostante, pur vivendo in Occidente in ambiente predominantemente cristiano, lei non esita nemmeno a difendere pubblicamente la propria confessione, ma la interpreta pure con buon senso.

Eppure, con altrettanta coerenza espone con audacia il suo disappunto nei confronti dell’integralismo islamico e si espone a condannare una serie di equivoche interpretazioni dei rispettivi sacri testi, mettendo a nudo anche quegli aspetti ambigui della emblematica dottrina dogmatica, questionando perfino certe discutibili letture che si fanno dello stesso Corano e, senza indugi, né timore, mette sotto accusa quel contaminante fanatismo dell’ortodossia saudita al quale, definendolo “Islamismo Beduino” assegna alcune storiche responsabilità.

Possiamo, dunque, concludere che essa redime e scagiona buona parte dei Musulmani non militanti – spesso e sommariamente – considerati tutti Arabi; tuttavia, è un fatto concreto che la grande maggioranza dei Musulmani, non è nemmeno di origine araba. Del resto, così come in Occidente noi laici siamo ormai più numerosi dei credenti che professano il Cristianesimo, siamo soggettivamente inclusi, con altrettanta frequenza ed a tutti gli effetti,  al gruppo praticante, solo perché abbiamo la pelle bianca o perché abitiamo determinate zone del Pianeta; invece, allo stesso modo, anche fra quelli che consideriamo Musulmani, ci sono moltitudini che non prendono così a serio la religione dell’Islam e non mancano nemmeno i progressisti che pensano ed agiscono in maniera piuttosto indipendente.

Quindi, appoggiandosi anche su di un’ampia bibliografia, l’autrice descrive  come certi archetipi si sono equivocamente cristallizzati ed mette in evidenza, pure, come non tutti i Musulmani si sono fermati ad un obsoleto Medio Evo. Inoltre, spiega bene come, coltivando un sano individualismo anticonformista, anche fra i credenti, sono numerosi quelli che pensano ed aspirano alla modernità. Infatti, non mancano poeti ed intellettuali che alzano la voce con ardore, manifestando il proprio rifiuto nei confronti del fondamentalismo radicale; e, purtroppo, pur essendo in minoranza, gli intolleranti chiassosi, spesso prevalgono e sono proprio questi che gettano ombra sulla maggioranza moderata o laica, ahimè ancora troppo timida e silenziosa. Ed a questo proposito, forse, è utile citare anche un saggio di Mohamed Haddad, il cui titolo – UNA RIFORMA NELL’ISLAM E’ ANCORA POSSIBILE?già conferma che nemmeno fra i Musulmani manca chi si chiede se non è ora di ripensare la propria tradizione religiosa.

Del resto, le rivolte a cui abbiamo recentemente assistito, e che non si sono affatto ancora esaurite, sono altrettanto vigorosamente alimentate dal sentimento di speranza in un avvenire lusinghiero e degno di un’esistenza migliore, più moderna e consapevole; infatti, questi movimenti d’insoddisfazione che continuano a riempire le prime pagine dei nostri notiziari, ne sono la più incontestabile ed evidente delle dimostrazioni di un chiaro spontaneo desiderio di cambiamento da parte delle masse.

Possiamo, perciò, augurarci che l’ostinata e decisa iniziativa di questa donna coraggiosa, in totale antitesi con i paradigmi di un antiquato conformismo militante, possa costituire un fecondo seme capace di germogliare, generando l’emancipazione dalla secolare ignoranza di moltitudini, guidandole verso un auspicabile sviluppo e ad una mentalità moderna alla quale anche la maggioranza degli Islamici aspira e che i suoi integranti possono meritare per, finalmente, inserirsi nel vasto tessuto del mondo globalizzato, senza necessariamente seguire certe superstizioni, né rinunciare alle utili diversità che distinguono le varie culture e che fanno del nostro globo un magnifico policromatico mosaico di valori, tradizioni, interpretazioni delle molteplici verità relative a complemento di un immenso patrimonio dell’umanità.