Consensi e Cambio della Guardia

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Naturalmente, ciò che potrà avvenire nel prossimo futuro è e rimane un’incognita; qualsiasi previsione tanto per la stabilità politica, quanto per la governabilità è mera congettura. Infatti, ragionevolmente, nessuno può anticipare sviluppi che solo il tempo ci potrà rivelare. Personalmente, ed a breve scadenza, tendo all’ottimismo, mentre a medio e lungo termine alimento dubbi, proprio perché – come qualcuno ha scritto – noi Italiani siamo molto bravi a danzare il Walzer: un giro a destra ed un altro giro a sinistra… Inoltre, qui si parla dell’Italia dove ognuno di noi è una particolare repubblica, di natura bipolare e lunatica: un giorno approva il cambiamento proporzionato dalla speranza con applausi ma, passato l’effetto della  novità subentra lo scetticismo, seguito dall’indifferenza sulla quale, gli abili politici hanno imparato bene a giocare, magari, barando, mentre gli Italiani si limitano a deprecare.

Vivendo all’estero si osserva un quadro a distanza ed a noi esso si presenta più ampio, e, forse, diamo meno importanza a certi dettagli. Quindi, con questa visione mi convinco che qualcosa sembra stia davvero cambiando. Come?  Ebbene, le vecchie guardie stanno uscendo di scena: Bersani ha fallito tradito dalla sua stessa ostinazione; Epifani quasi senza accorgersene; Franceschini non ha potuto fare altro che cambiare apparenza; la Bindi ha perso l’esuberanza ed è ormai solo l’ombra di un ricordo; Cuperlo ci ha provato, ma non gli è andata bene ed ha scelto un’altra strada; Fassina con la sua temerarietà s’è scavato la fossa ed è tornato al meritato anonimato; e perfino Napolitano – che per molto meno voleva cacciare Cossiga – ha abdicato all’equidistanza…  vi pare poco? Non ci sono dubbi, lo scenario all’orizzonte non è più lo stesso; infatti, gli intransigenti della Sinistra radicale che, in questi ultimi anni, hanno fatto di tutto per complicare le cose alla Destra, non dirigono più l’orchestra e non hanno più quel potere d’imporsi; conseguentemente, i tanti conformisti, ora – loro malgrado -, si debbono confrontare con chi ha deciso di andare avanti e di non solo minacciare ma anche  tentare di realizzare le riforme, cercando un nuovo consenso. Non per niente, le due parti hanno concluso un apparente accordo di convivenza; per ora, almeno, sulla legge elettorale; non sono sicuro che sia la migliore delle scelte; tuttavia, è un buon segnale per un inizio di una nuova fase fra rivali che sembrano bene intenzionati.

Come molti altri Italiani, auspicavo che i dirigenti dei due principali partiti opposti cercassero un consenso ed il mio ottimismo non è rimasto deluso; infatti, sembra proprio che abbiano trovato un punto d’incontro, dopo le tante dispute, anche di natura personale che hanno caratterizzato le ultime legislature. Ora, sembra che sia i toni come gli assunti siano, finalmente diversi. Certo, non poteva mancare chi prontamente denunciasse il cosiddetto “inciucio”. Già perché da diversi lustri la Sinistra conformista conservatrice e la Destra riformatrice – almeno a parole -, sembravano vivere realtà diverse, decisamente opposte e le trattative indicavano di susseguirsi fra sordi. Ed in questi anni ne abbiamo viste di tutti i colori e forme. L’ascesa ed il declino ha coinvolto personaggi di rilievo; con il loro canto delle sirene erano anche riusciti ad incantare ed illudere buona parte della Popolazione; ricordiamo Prodi, Di Pietro, Bertinotti, Fini, Bossi, tanto per citarne alcuni per i quali il sole – auspichiamocelo – sembra essere tramontato e speriamo che nessuno torni a resuscitare queste figure che, a mio avviso, non dovrebbero destare alcuna nostalgia; anzi, speriamo che non ci sia più bisogno di occuparsi e tanto meno di preoccuparsi di loro dal momento stanno meglio fra i ricordi di una storia davvero poco esaltante: politici che, in fasi alterne, hanno avuto importanti ruoli, ma poco hanno contribuito al benessere degli Italiani, pur condizionando l’altalena di governi, a dir poco, mediocri, danneggiando tutta la nostra economia. Tuttavia, non si sa mai; in Italia tutto è possibile: abbiamo assistito ai cambi delle segreterie e, con altrettanto scetticismo, alla sostituzione dei nomi e dei simboli di partito con un’irritante ed inconcepibile disinvoltura e tutto ciò senza un minimo imbarazzo da parte dei promotori di queste involuzioni.

Hanno cambiato più volte abiti ed apparenze esterne, ma internamente, in tutta franchezza, non c’è stata alcuna sostanziale mutazione; hanno sostituito i loro dirigenti, ma di concreto, durante due decenni chi ha notato modifiche significative? Le riforme urgenti che i nuovi tempi richiedevano, con estrema urgenza, non si sono fatte. Invece, hanno dato enfasi ad un confronto sempre meno conciliatorio; i toni, quelli sì sono cambiati, e come: in peggio, al punto che si aveva la sensazione di essere tornati al fronte popolare ed a pagarne le spese è stata tutta la Nazione. E se non fosse intervenuto quella specie di movimento sismico prodotto da un abile ed opportunista comico strillone, forse, non si sarebbe usciti dalla situazione di stallo. Infatti, Grillo, con la sua abilità di attaccare tutto il mondo della politica, ha sconvolto quegli equilibri. Se non fosse per lui, forse, i Soliti sarebbero ancora qui a parlare delle debolezze di Berlusconi, piuttosto che delle preferenze di Marazzo o delle inclinazioni di Vendola. Del resto, dopo aver portato in Parlamento polemiche figure esibizioniste della pornografia, travestiti e quant’altro – persone che non tutti gli Italiani inviterebbero a cena in casa -, di cos’altro si poteva trattare? Le priorità, oltre all’ostinazione di cacciare l’odiato Cavaliere, sono diventati i matrimoni omosessuali, dimenticando che il Paese soffriva la peggiore crisi, e la nostra economia si aggravava ad ogni settimana che seguiva.

In un ambiente del genere potevamo solo finire alla deriva; così, lo strillone non ha perso l’ottima occasione ed appena è andato in piazza a sbraitare, puntando il dito contro gli irresponsabili di quell’andazzo, la folla era già pronta a tributargli lauti applausi. In lui vedeva l’ultima speranza per un cambio di direzione. Del resto, qualcosa di simile è avvenuto al momento dell’ascensione del Fascismo… Certo, la storia non si ripete, tuttavia, dinanzi alla crisi seguita alla Prima Guerra Mondiale, con la politica mancina allo sbaraglio, la violenza praticata dai sindacalisti e la solita cattiva politica del non assumere atteggiamenti, avevano steso il tappeto rosso a Mussolini che, pur non essendo di destra, aveva capito tutto. Ora, con la Sinistra che minacciava ogni giorno di salire sulle barricate, inscenando “girotondini” e manifestazioni di diversa natura, opponendosi alle riforme che sono assolutamente necessarie, numerosi Italiani, auspicando un cambio della guardia, attendevano con ansia, l’arrivo di nuove figure, magari con il pensiero rivolto al ricordo dell’azione della Dama di Ferro, Margareth Thatcher che ha saputo affrontare con fermezza i corporativismi che avevano spinto il Regno Unito sull’orlo dell’abisso.

Ebbene, non ci sono dubbi che le novità sono arrivate. E non solo con Grillo, ma perfino nella stessa Sinistra qualcosa si è mosso e c’è finalmente stato l’auspicato cambio di generazione e, di fatto, per non pochi di noi, si è aperto uno spiraglio di speranza. Ora, da un lato, c’è Renzi che promette di girare pagina nella complicata storia politica del Bel Paese. Quindi, sull’altro, un comico molto efficace a criticare ed un po’ meno abile ed affatto competente nel suggerire soluzioni; eppure, questo si dimostra piuttosto efficiente ed opportunista nel capovolgere certi  squilibri: ha avuto gioco facile, sfruttando la sempre più diffusa insoddisfazione popolare ed ha saputo interpretare bene gli umori della folla. Ne abbiamo già parlato in questa sede, riferendoci all’eterno ritorno dei populismi che in passato hanno partorito movimenti come il Fascismo ed il Nazismo. E non c’era nemmeno da scherzare tanto perché il pericolo era reale e le ultime elezioni l’hanno confermato. Sul fronte opposto, però, si è presentato un giovane dai modi molto meno rudi ed aggressivi, ma promettendo il pensionamento dei Soliti Noti; così, un numero crescente di simpatizzanti ha cominciato a dargli credito. Ed oggi, possiamo credere che il peggio sia, ormai, alle nostre spalle: il pericolo del nuovo populismo strillato sembra stia già perdendo vigore; ce lo fanno capire essenzialmente due distinti fattori:

Spettacoli indegni di un Parlamento, dove figure legittimamente elette hanno mostrato, in primo luogo di non meritare quelle deleghe; in secondo, di non avere ancora la maturità per tali cariche; infatti, un comportamento di conio circense di cui in questi giorni abbiamo avuto esempi buffoneschi al limite della decenza, della buona educazione e della civile convivenza, squalificano l’immagine di un legislativo che già non ci faceva più onore; certe esibizioni non si addicono all’ambiente che dovrebbe sforzarsi a risolvere gli urgenti problemi della Nazione e sono, invece, più adeguate agli schiamazzi ed alle volgarità dei peggiori quartieri dei bassifondi.

Ma non tutto è perso, il nuovo personaggio, giovane, dinamico, coraggioso, sembra aver rotto l’incanto in cui si era barricata una Sinistra dottrinaria e militante, miope divisa da posizioni interne opposte, dove forze contrarie vivevano il dilemma se proseguire sempre più a sinistra o se, finalmente, senza esitare tanto, ma scandalizzando una parte dei “compagni”, fare la decisiva scelta, svoltando un po’ verso destra e con ciò, neutralizzare lampi e tuoni del comico aspirante profeta.

Forse, è un po’ presto per commemorare, ma uno spiraglio di luce, di speranza nelle tenebre, ci proviene da questo nuovo astro e, chissà, che non sia la volta buona. Gli ottimisti osano sperare nell’illusione che una nuova pagina si stia scrivendo. Infatti, anche se in mezzo ad un mare di difficoltà e critiche, l’intraprendente sindaco di Firenze ci ha dato una nuova carica: ha  saputo andare avanti senza fare sconti e, con una buona dose di prepotenza, ha travolto figure – certi direttori d’orchestra della politica – che speriamo escano di scena per sempre. Incurante di ciò che sosteneva una parte dei media di sinistra, non s’è tirato indietro ed ha accettato di confrontarsi, senza remore, senza pregiudizi, senza indugi e con virile decisione ad incontrare Berlusconi che è anche l’unico carismatico della Destra in grado di aggregare i numeri per approvare vere riforme e sciogliere i vecchi nodi. Certo, non ci siamo ancora, ma il primo passo è stato compiuto, affrontando il groviglio della legge elettorale, sulla quale tutti gli altri non hanno mai voluto forzare i tempi.
E’ un inizio; staremo a vedere se ci saranno nuovi passi a favore di ulteriori ed ancora più urgenti riforme. Evidentemente, è prevalso il fattore della novità e, nonostante l’opposizione interna da parte del nocciolo duro dei soliti bolscevichi nell’ammucchiata con conformisti alleati ai più retrogradi conservatori, sembrerebbe essere prevalso il buon senso e l’impulso a favore della modernità. Non è un evento insignificante perché, di fatto, questa volta, si ha una vaga sensazione che si stia sviluppando una nuova corrente positiva intenzionata a cambiare strada. Un indizio, in questo senso, è la coraggiosa posizione critica contro l’eterna ostinazione dei sindacati a rifiutarsi di fare qualche passo indietro. Infatti, la grande maggioranza sa benissimo che l’intransigenza del corporativismo sindacale, insieme a norme e limitazioni punitive inaccettabili in un’economia globalizzata, ha dissuaso, quando non addirittura messo in fuga una buona parte dell’iniziativa privata.

Del resto, l’Italia non può più permettersi di rimanere indifferente dinanzi alla nuova realtà della globalizzazione; non si può più continuare a difendere i privilegi che in nessun altro Paese oserebbero cogitare. Ovunque si parla di flessibilità, mentre da noi agli imprenditori sono stati imposti solo doveri e restrizioni e chi non si è già arreso o non ha rinunciato a fare l’imprenditore, non ha altra alternativa se l’esodo verso lidi meno impegnativi e più tolleranti. I casi più recenti sono la FIAT e l’ELECTROLUX – che vanno capiti – e sono solo i due  più noti, ma la fuga è cominciata da anni e tende ad aumentare. E non è solo colpa dei sindacati; il nostro insaziabile fisco ha altrettante colpe; mentre la politica è responsabile per tutto il resto. Infatti, è andata avanti per decenni con l’emblematico metodo “lampedusiano”, in cui i politicanti cambiavano tutto affinché tutto potesse continuare come prima. Ora, sembra che il provincialismo abbia perso qualche punto e giovani dalla mente aperta, con una visione cosmopolita, sembrano voler fare sul serio, intenzionati ad uscire da un deleterio immobilismo che non ha saputo fare i conti e sembra incapace di gestire l’evoluzione che deriva dalle regole di un mercato aperto e globalizzato, mentre ci dobbiamo urgentemente adeguare se non vogliamo rimanere indietro. Chi teme la modernità che vada a Cuba, in Venezuela, in Argentina od in Corea del Nord; dobbiamo essere coraggiosi, accettando il confronto con la concorrenza e saper guardare oltre le apparenze.

L’incontro ed i primi intendimenti fra RenziBerlusconi sono di buon auspicio, anche perché hanno perfino resistito alla minaccia dei franchi tiratori; i soliti cecchini che boicottano e sparano nascosti da dietro i “cespugli” delle ambiguità non si sono manifestati. Del resto, quale altra alternativa ci rimane? In un ambiente del genere, con politici del nostro livello, in altri Paesi, qualcuno avrebbe già suggerito di tornare alle ghigliottine… Sinceramente, pur essendo di natura ottimista, sull’avvenire dell’Italia da anni ho sostenuto che saremmo giunti a questa tremenda crisi; anzi, se non ci saranno le riforme, la profondità del pozzo sarà abissale. La gente si lamenta della crisi? Senza le riforme si giungerà ad uno stato peggiore, di povertà, di miseria, perché i Paesi in via di sviluppo progrediscono ed investono sempre di più in innovazione, mentre i nostri sindacati credono di poter continuare a proteggere settori di scarso valore aggiunto ed il nostro fisco non dà più margini all’utile profitto senza il quale nessuna attività potrà sostenersi.

E’ necessario promuovere i cambiamenti e ciò è solo possibile con un minimo consenso. Solo così si potrà riformulare la politica e conseguentemente, rilanciare l’economia per salvarci dal peggio. Senza un radicale capovolgimento del nostro modello non ci sarà salvezza; senza una decisa riforma, finiremo nell’abisso. Un Paese che non produce più ricchezza ma che ha la pretesa di vivere al di sopra dei propri mezzi, non può resistere. Bisogna avere il coraggio di adottare misure drastiche, restituire animo e stimoli al nostro più ricco e diffuso patrimonio: il capitale umano che non ci manca.

Tuttavia, le potenzialità, senza l’equivalente azione non servono a molto. L’azione è stimolata dalle prospettive, dalle opportunità; e queste si creano dando spazio e respiro a chi ha idee ed iniziative, fomentando motivazioni che giustifichino il rischio. Fintanto che il modello prepotente, arrogante, vorace in vigore in Italia permane, non ci sarà una via di uscita. Si giunge all’estremo grottesco di voler giustificare il divieto della circolazione dei contanti, dove il potere politico si arroga il diritto di tutto controllare, perfino gli spiccioli in tasca a chi, con il proprio legittimo merito guadagna il denaro onestamente ottenuto; e così, le prospettive diminuiranno in continuazione. In un Paese dove il fisco si aggiudica la metà non dei profitti, ma in certi casi addirittura del fatturato che deve essere, per legge, ceduto all’erario pubblico, non si fomenta il progresso, ma si soffoca lo sviluppo.

Poi, abbiamo un altro difficile nodo da sciogliere: fintanto che i Magistrati possono interpretare indisturbati le Leggi a loro piacimento, senza essere loro stessi soggetti ai rigori degli equilibri già propugnati da Montesquieu ne LO SPIRITO DELLE LEGGI ossia, da  quella che potrebbe essere la loro Bibbia, dove lo stato di diritto vale ugualmente per tutti i cittadini, senza che una parte possa prevalere sull’altra; dove non ci  si debba più confrontare fra sudditi e sovrani, fra esclusi che lavorano molto, pagando troppo per sostenere le caste che poco lavorano e molto guadagnano, sulle spalle delle moltitudini. Infatti, in una Nazione dove la militanza, l’anzianità contano più del merito, noi non potremo aspettarci che gli imprenditori possano prosperare. Bisogna, finalmente, saper spiegare alla gente che gli imprenditori non sono sfruttatori – come un altro comico ha recentemente strillato in un altrettanto ambiguo programma televisivo; essi, al contrario, costituiscono il motore del benessere di qualsiasi Nazione e che il nostro decrepito modello non è strutturale, bensì congiunturale. E’ ora confutare gli eterni collettivisti ed impuntiti marxisti che la ricchezza non è una torta di dimensione finita, dove chi ha di più è in conseguenza di chi ha di meno: questo è un paradigma banale, falso, pregiudiziale ed obsoleto. E’ ora d’impartire un po’ di lezioni di Ludwig von Mises e di F.A. von Hayek, di Milton Friedman delle esperienze dell’economista venezuelano Hernando de Soto: La ricchezza non è costituita semplicemente da risorse finite; il patrimonio più prezioso di una Nazione, come di ogni singolo individuo, è il suo Capitale Umano. E’ questa la più virtuosa e potenziale ricchezza che riesce a sviluppare i miracoli economici di cui ci riferisce così bene Alain Peyrefitte in un suo ottimo saggio DU “MIRACLE” EN ECONOMIE; infatti, grazie alla trasformazione di risorse finite, aggiungendo valore con il ricorso dell’infinita creatività individuale, possiamo aumentare il valore delle fette e la stessa dimensione della torta da dividere fra gli attori. Pertanto, se non si riesce più a far agire e fruttare questo capitale variabile, dove gli imprenditori non riescono più a generare e distribuire ricchezza, saremo condannati a continuare a consumare una ricchezza fittizia che ormai si è ridotta in misera povertà. Ciò che avevamo prodotto è stato consumato in decenni di spensierato irresponsabile sperpero in regime di sempre più scarsa produttività ed ora stiamo consumando una ricchezza che solo le prossime generazioni, forse, potranno generare. Il patrimonio materiale dell’Italia è stato sequestrato dai socialisti di turno che hanno creduto di poterlo distribuire arbitrariamente, seguendo i loro ambigui criteri e non hanno capito che per distribuire è necessario produrre e continuare a far girare le macchine di tale produzione. Ebbene, da tanto che hanno sfruttato le vacche senza preoccuparsi della loro salute, queste sono diventate sterili.

I Soliti Noti hanno messo in pratica diverse misure che si confondono con una specie di collettivismo, credendo di poter mungere indiscriminatamente ed arbitrariamente l’iniziativa privata in eternità, ma da molto tempo l’equilibrio si è rotto. Sono anni che continuiamo a consumare la ricchezza che le prossime generazioni saranno chiamate a produrre; è incredibile che i Nostri ancora non lo concepiscano. Eppure, queste cose sono state dette, ripetute e scritte già molti anni fa da emeriti economisti nostrani seri e competenti come Luigi Einaudi, Luigi Sturzo, Bruno Leoni e, se non vogliamo andare troppo indietro nel tempo, c’è da noi ancora chi le sostiene e le spiega in modo chiaro; tanto per citare un buon esempio, uno di questi prestigiosi economisti moderni di livello internazionale è il piemontese Enrico Colombatto.

Ora, non ci resta che aspettare, osservando con attenzione, i movimenti contrari degli impenitenti sconfitti – che non sono pochi – e sono distribuiti nelle diverse fazioni, di sinistra di centro e di destra. Io arrischio un pronostico ottimista: se questi nuovi personaggi riusciranno a ridurre il costo della politica e delle sue appendici burocratiche, mandando in pensione una buona parte delle figure inutili che hanno già consumato e sprecato troppo in questi ultimi decenni, ce la potremo fare ancora. Vado oltre, credo che se l’accordo fra Berlusconi, Renzi e, magari, pure con personaggi come il sindaco di Verona, Tosi, riuscirà a resistere agli attacchi dei cecchini, anche il movimento di Grillo che – dinanzi alle riforme portate a termine seriamente -, si vuoterà di significato ed suo il fuoco di paglia si esaurirà, svanendo le sue scintille. Tuttavia, il movimento di questa specie di Messia si spiega benissimo e può sopravvivere solo nell’immobilismo politico in cui siamo finiti. In esso, non c’è niente di nuovo; per me non è altro che un pallone gonfiato dalle favorevoli circostanze; quindi, cambiando le condizioni, credo che si ridimensionerà presto. I suoi voti sono di protesta e si giustificano; togliamo loro la base su cui si fondano ed il loro significato e gli elettori si disperderanno. Comunque, bisogna riconoscere che il megafono ha funzionato ed il suo successo è anche servito per mettere in guardia certi politicanti, accendendo un lampeggiatore rosso di avvertimento, segnalando che era giunto il momento di dire BASTA! Speriamo che anche la Sinistra più intransigente si svuoti, perché essa ha una grave responsabilità in tutta questa crisi che stiamo attraversando. Ce lo ha spiegato già Pareto con il suo saggio TRASFORMAZIONE DELLA DEMOCRAZIA la cui lettura potrebbe illuminare i nostri politici, inducendoli a meditare pure sulla genesi del Fascismo.

Ma per superare gli ostacoli – che loro chiamano “paletti” – del deleterio sistema eretto in tanti anni di inutili discorsi, di promesse mai mantenute, di incapacità di rinnovare anche la mentalità degli Italiani, condizionati fin dai primi anni di scuola a credere per vedere, siamo giunti all’ultimo momento abile per far capire ai nostri giovani che dobbiamo essere noi stessi responsabili delle nostre azioni e che non tutto ci è dovuto gratuitamente. Ciò che si ottiene dev’essere frutto del nostro merito personale. I socialisti continuano a dichiarare che i diritti corrispondono alla dignità; invece, ancora una volta, invertono i valori: è la dignità che conferisce i diritti; la dignità una conquista non è intrinseca di ognuno, ma è la realizzazione delle nostre singole potenzialità. E’ urgentemente necessario cambiare discorsi, lasciando dietro di noi un po’ di quelle che i sinistri chiamano conquiste, ma che, al contrario, hanno generato delle vere sconfitte, la prima di tutte, la perdita della nostra competitività. La competitività dipende anche dagli investimenti, dalla capacità di innovare; e non si crea innovazione dove non ci sono profitti. Quindi, meno tasse, meno burocrazia, meno paletti, più libertà ed una legislazione semplificata, dinamica, responsabile e meno invadente; una Giustizia che sia giusta con tutti e non quella in cui si applica solo con chi non tiene le redini del potere in mano. E perché tacere: anche i poteri dell’esecutivo e del giudiziario – specialmente quelli della Magistratura, che deve dare il buon esempio -, hanno da rispettare le regole che devono valere per tutti i membri della collettività, con più lavoro, più impegno, con più merito e più responsabilità anche dei propri errori, come giustamente sostengono autori come – per esempio – Mauro Mellini ne IL REGIME GATTOPARDOStefano Livadiotti ne L’ALTRA CASTA.

Se ancora una volta le buone intenzioni finiranno a lastricare le infinite vie dell’inferno, è bene ricordare che quando un Popolo perde la speranza, fatalmente trova la rassegnazione e cadendo in fondo al pozzo non ci sarà altro che disperazione. Molto spesso abbiamo pensato che l’eccesso di benessere conduce al nichilismo e che l’esasperante frustrazione, l’impossibilità di trovare una via di uscita, ci guida all’estraniazione. Forse è vero, perché gli umani agiscono biologicamente: reagiscono alla fame, al timore, all’incertezza, ai dubbi; e la natura è saggia: ci ha dotati di diverse forme di difesa; ci ha resi egoisti e grazie a questa fondamentale qualità siamo diventati prudenti e responsabili, come Ayn Rand ha magistralmente saputo dimostrare. Possibile che per uscire dal marasma si debba necessariamente tornare attraverso la dolorosa esperienza dei morsi della fame?