LA VITA PROIBITA DEI PAPI di Claudio Rendina (Recensione)

Come la Chiesa ci ha condizionati…

Che “l’abito non fa il monaco” è una di quelle consumate constatazioni che si apprendono già dalla singolare saggezza popolare dalla quale poi derivano quei paradigmatici proverbi tramandati da una generazione all’altra e che poi integrano la nostra cultura. Pertanto, non c’è da meravigliarsi se si conclude che i religiosi in generale ed i papi in particolare, non si sono sempre comportati da autentici santi; altra verità, questa, che oltre dal nostro Divino Poeta ci viene confermata anche, o soprattutto, dai molti eventi della storia stessa. In fondo, si tratta pur sempre di semplici esseri umani soggetti, pure loro ad errare.

Eppure, forse, non tutti si rendono ancora conto che oltre ai papi che Dante, a suo tempo – ed a ragione  – aveva relegato a qualche bolgia d’onore nel suo emblematico Inferno, altrettantialtri prelati, vescovi, cardinali e papi, ancora peggiori, avrebbero meritato condanne ben più severe. E’ il caso specifico di una discreta parte dell’onorevole dinastica famiglia Borgia, principalmente il famoso Rodric Lençol de Borja, alias papa Alessandro VI che, forse, detiene il primato fra i “santi papi peccatori”, ciò che ormai in pochi oserebbe negare. Proprio quello che nel 1492 aveva sostituito Giovanni Battista Cibo, papa Innocenzo VIII, il quale, stando alle ricerche realizzate da Ruggero Marino, sarebbe stato addirittura genitore di Cristoforo Colombo nonché finanziatore dei suoi primi viaggi verso le “Indie”, le cui cronache sono eloquentemente descritte negli interessantissimi saggi dell’autore: L’ULTIMO DEI TEMPLARI e L’UOMO CHE SUPERO’ I CONFINI DEL MONDO; in questi, si narra fra l’altro pure come proprio quel papa Alessandro VI, in combutta con i Re Cattolici Isabella di Castiglia e Fernando d’Aragona, avrebbero indotto alla disgrazia il nostro grande navigatore genovese, per depredarlo dei suoi legittimi diritti sulle Nuove Terre, in realtà, già raggiunte e scoperte dai Cinesi della Flotta D’Oro dell’Ammiraglio Zhen He che fra il 1407 e il 1421 aveva circumnavigato il globo. Eppure, nonostante tutte le evidenze sulla reputazione di alcuni papi, che la storia ci proporziona, c’è ancora chi si ostina a sostenere l’infallibilità del papa.

Ebbene, Claudio Rendina, avendo alle spalle un ricco elenco di pubblicazioni che partono dall’antica storia di Roma fino ai nostri giorni, oltretutto tradotte pure in diverse lingue, in materia di storia, non può essere certamente considerato un dilettante. Non per niente, in alcuni dei suoi saggi dedicati in modo specifico alla storia della nostra Chiesa – fra i quali LA VITA PROIBITA DEI PAPI – oggetto di queste recensione –, egli, nel bene e nel male, ci svela un po’ di più della vita di questi sovente potenti ma sovente anche ambigui prelati. Infatti, nel volume dalle trecento e passa pagine, del solo testo, l’autore presenta un variegato mosaico di cosa questi celebrati personaggi hanno rappresentato nell’ambito della storia italiana ed europea ed a quale punto i sedicenti Vicari di Cristo hanno condizionato buona parte del Continente. Così, dalle particolarità descritte, è naturale dedurre come sia davvero difficile riconoscere a queste cosiddette presunte “santità” sia la pretesa di tale – oserei dire – insolente attributo, quanto risulta altrettanto difficile accettare la loro rivendicazione di legittimi ed esclusivi eredi del Messaggio del Gesù storico.

Del resto, alla luce dell’attuale conoscenza storica, è ormai possibile ammettere che la nostra religione non sia nemmeno stata fondata direttamente dall’autentico storico Gesù, poiché, anche nella mia modesta interpretazione, il Profeta non intendeva fondare una nuova religione, anzi; infatti, il suo Messaggio, credo, si sia limitato alla diffusione di una nuova etica, più umana: un’etica oltremodo similare a quella del Buddismo: quella della fraternità, dell’amore, della benevole misericordia e del perdono, in diretto contrasto con la legge ebraica che legittimava la vendetta dell’ occhio per occhio e dente per dente. E’ difficile negare, ormai, che il vero fondatore del Cristianesimo è stato Saulo, ovvero San Paolo; personaggio intellettualmente molto meglio preparato degli stessi apostoli, ai quali – non senza contrasti – era riuscito ad imporsi, nonostante questo non avesse mai incontrato Gesù ed anzi, lo aveva perseguitato fino a Damasco, dove riconoscendone i meriti, avveniva la sua conversione.

D’altronde, se si dà credito alle versioni senza dubbio più o meno contradittorie, secondo altri narratori – storiografi e non -, lo stesso Saulo, si era confrontato in un violento scontro fisico, perfino con uno dei presunti fratelli di GesùGiacomo – destinato a continuare l’Opera del Profeta in Palestina, mentre l’altro fratello, Tommaso, era partito per l’India, dove – secondo un’altra tradizione che la nostra Chiesa non ammetterà mai – il Nazareno stesso si sarebbe rifugiato. Fatto questo ampiamente riconosciuto dalla tradizione islamica, secondo la quale i Musulmani identificano Gesù con il nome di Issa, il loro Profeta che avrebbe preceduto Maometto.

Naturalmente, per i più ferventi credenti, assimilare un’affermazione così eterodossa ed estrema, talmente incompatibile con la nostra dogmatica tradizione, dopo due mila anni di fede, secondo la quale la sopravvivenza del Salvatore viene aggiudicata alla miracolosa Resurrezione, è inconcepibile e non solo suona come una vera aberrante e scandalosa blasfemia. Eppure, abbastanza concretamente, non è del tutto scontato che Gesù sia, di fatto, veramente morto sulla croce; non per niente, secondo  la stessa tradizione evangelica, dopo la crocifissione, Gesù appare fisicamente vivo, al punto che fuori dal sepolcro vuoto ci viene trasmesso il suo dialogo con Maddalena, per poi descrivere la sua riunione con gli stessi increduli apostoli.

In fondo, alle menti meno superstiziose – alle quali mi posso associare -, non sembra nemmeno molto credibile la leggendaria versione, secondo la quale, alla fine, sarebbe svanito per salire ai cieli… Come se si potesse semplicisticamente immaginare che la “sede” di Dio, si trovi nell’alto dei cieli, fra le stelle del firmamento, come – a suo tempo – credevano gli antichi che veneravano la divinità del Sole. Per molti di noi scettici, e più realisticamente, certe singolari mistificazioni non possono assolutamente convincere, lasciando troppo margine a tutta una serie di più che giustificati dubbi.

Inoltre, è scritto che Maddalena – che fra l’altro non ha mai praticato la prostituzione – trovando il sepolcro vuoto, scambia Gesù, privo di capelli e barba, con il guardiano e lo riconosce per la voce, mentre apprendiamo ancora come fra gli apostoli, lo stesso Tommaso vorrà  toccare per convincersene; e se non bastasse era stato riconosciuto in vita pure mentre si recava verso Damasco. Perciò, cos’è più ragionevole continuare ad insistere sulla presunta morte per poi ricorrere al mito di una miracolosa Resurrezione, più verosimile alla leggenda se, di fatto, dopo essere rimasto in croce solo per poche ore, senza aver, del resto, subito ferite mortali? Si sa che, secondo la legge ebraica, nessuno poteva rimanere sul crocifisso dopo il tramonto del sole del Venerdì santo, così, i Romani, in questi casi, per accelerare l’agonia dei condannati che altrimenti sulla croce poteva durare anche giorni interi, rompevano loro le gambe; e sempre che il Sudario possa essere considerato autentico, dalle tracce rilevate, non risulterebbe che ciò sia avvenuto; ragione per cui, non si può escludere che Gesù sia stato ritirato ancora in vita; altrimenti, come spiegare che poi sia stato incontrato vivo? Del resto, anche gli stessi miracoli sono solo una questione di pura fede. Con questa premessa, quindi, intendo solo distinguere il reale Gesù storico dalla figura mistica del Cristo di cui ha ampiamente scritto anche il teologo Rudolf Bultmann

Conclusa questa – per molti – bizzarra digressione, con la finalità di restituire alla mondana figura del papa una più umana dimensione, conviene tornare al saggio che qui intendevo recensire, magari, aggiungendo e chiarire che a tutte queste mie congetture Rendina, ovviamente, non fa minimamente accenno; posso però ammettere che su quanto descritto, esiste tutta una letteratura – fra cui quella della tradizione islamica -, che oltre a considerare Gesù Profeta, non solo nega la prematura morte, ma sostiene perfino che il suo sepolcro sia ubicato proprio a Srinagar in Kashmir, dove sarebbe sepolto pure Mosè. Ed a questa tesi non sono estranei nemmeno diversi altri biografi che affermano come, non molto distante da lì – in un monastero buddista, a Ladakh -, Gesù avrebbe trascorso la propria misteriosa gioventù, di cui nel 1894 il giornalista russo Nicholas Notovitch, in missione per stabilire rapporti in zona per cercare alleati capaci di frenare l’espansione britannica in India, scrive di averne scoperto le prove, che, com’è naturale, la nostra Chiesa, prontamente smentisce con veemenza. Eppure, oltre al kashimiri Fida M. Hassnain nel saggio SULLE  TRACCE DI GESÚ L’ESSENO, ce ne parlano pure diversi autori  occidentali: il teologo tedesco Holger Kersten ne LA VITA DI GESU’ IN INDIA; Gene Matlock in JESUS AND MOSES ARE BURIED IN INDIA, BIRTHPLACE OF ABRAHAM AND THE HEBREWS, tanto per citarne un paio di un più lungo elenco…

Così, anche Claudio Rendina attribuisce ai papi una natura del tutto umana, ciò che ne giustifica l’imperfezione; pertanto, si limita a fornire tutta una serie di particolareggiate descrizioni su eventi che hanno caratterizzato la storia dei principali protagonisti della Chiesa, dai papi, agli antipapi e perfino alle papesse. Allora, passa in rassegna, piuttosto velocemente, le diverse a volte controverse vite, i loro famosi intrighi, i loro troppo spesso taciuti scandali politici, sessuali ed economici; le rispettive e numerose contradditorie trasgressioni, le altrettanto ambigue ipocrisie, le loro frequenti intromissioni un po’ in tutti gli aspetti secolari, culturali e sociali, partendo dalle origini  dei primi successori di Pietro e Paolo, per giungere fino agli avvenimenti che li hanno sovente visti al centro anche della nostra più recente cronaca.

Ecco come apprendiamo dei loro più intimi coinvolgimenti con cortigiane, le loro inconfessabili dissolutezze, i turpi lussi, insieme alla famosa licenziosa prodigalità, pratiche che – com’è noto, per molti biografi – avevano trasformato Roma in una specie di nuova Babilonia, al punto che quella lussuriosa degenerazione, in aggiunta al vergognoso abuso della simonia, avevano provocato lo scisma da parte dei Protestanti, giustamente scandalizzati dall’andazzo che i papi avevano impresso ed ormai consolidato, mentre chi ancora credeva di poter interpretare il messaggio cristiano in maniera equilibrata e coerente, non poteva più rassegnarsi ad essere associati a tale marasma. Ed allora, dal momento che  il burbero monaco Martin Lutero era già deciso a tradurre la Bibbia in tedesco, affinché la gente potesse capire e meglio interpretare quello che l’ostinato inconciliabile frate considerava il vero Messaggio cristiano. Secondo Roma, al contrario, la gente non aveva da capire; doveva solo credere, pregare e seguire ciecamente le dogmatiche dottrine imposste dall’alto verso il basso, senza essere tentati dalla “corruzione” della pericolosa lettura; agli individui non si doveva permettere di sviluppare criteri ed opinioni in materie puramente dogmatiche. Ciò, al punto che in determinate epoche, chi venisse sorpreso in possesso di libri, rischiava il sommario giudizio, quando allo stesso tempo, agli Ebrei – il Popolo del Libro – si imponeva la sistematica lettura delle proprie Sacre Scritture. Pertanto, ai Cattolici veniva semplicemente imposta non la comprensione evangelica, bensì la mera superstizione e guai a chi osasse contrariare tali dettami; avrebbero rischiato la fine del filosofo Giordano Bruno o dello scienziato Galileo Galilei. Tanto è vero che per pubblicare libri, bisognava ricorrere a località indipendenti da Roma, come Venezia, Ginevra o perfino all’Olanda.

L’autore, quindi, descrive pure come i diversi papi, a seconda delle particolari convenienze, sceglievano le più equivoche alleanze con i diversi centri di potere dell’epoca, in difesa dei propri più utili interessi del momento, pur di consolidare la propria autorità secolare e territoriale. Con tale finalità essi indurranno l’Europa nell’avventura delle Crociate; ed in nome di Cristo, fomentano guerre non solo contro gli infedeli Musulmani – che fino ad allora erano abbastanza tolleranti, convivendo in armonia con Cristiani ed Ebrei; ma non non avevano esitato di scagliarsi con fanatica crudeltà contro chi osservasse trasgredire i culti ed i dogmatici criteri cristiani di Roma. Le repressioni, contro ogni forma miscredente sospetta, saranno impietose e sanguinarie. Papa  Innocenzo III, per esempio, fra il 1209 e 1224, aveva perfino fatto decimare i Catari, dando ordine di sterminare tutti gli abitanti delle comunità albigesi, senza distinzione fra chi seguiva i dettami di Roma e gli altri eretici, poiché Dio stesso avrebbe scelto i suoi… E con ciò la nostra brava Chiesa aveva praticamente distrutto per sempre anche la fiorente cultura della Linguadoca e degli Occitani.

Ma, se non bastasse, altri papi, con l’ausilio dei deleteri iberici conquistatori del Nuovo Mondo, avevano completato l’opera, promuovendo la distruzione le civiltà delle Americhe. Dal Messico fino in Perù, mettendo in fuga anche quelle comunità dell’Amazzonia, di cui, oggi ci è rimasto pochissimo o niente. Infatti, solo recentemente, grazie al ritrovamento di resti di ceramica, si è scoperto che esistevano delle comunità precolombiane che, pur non conoscendo i metalli, avevano sviluppato una ricca tecnica nel campo delle colture agricole. Tuttavia, in seguito alla buona fama che la rozza soldataglia dei conquistatori cristiani si era creata, così come gli Incas che si erano ritirati sulle alture di Machu Picchu, le comunità lungo le rive del Rio delle Amazzoni si erano rifugiate all’interno della selva, dove chi era sopravvissuto si era anche inselvatichito. Così, come anche nell’America Centrale, delle importanti civiltà esistenti era rimasto ben poco, una vaga ombra di ricordo. E tutto ciò con il pretesto di introdurre – quella che secondo Gesù doveva essere – l’etica della fratellanza, dell’amore, della tolleranza e della misericordia, sostituita dall’etica – se così la si può chiamare – dell’empio e delittuoso spargimento di sangue.

E quell’operato dei caritatevoli intolleranti prelati cattolici – non ancora soddisfatti -, si era esteso ovunque dove potevano imporre la propria legge della prepotente forza e della sommaria tirannia; istituendo ad un certo momento, i tribunali della Santa Inquisizione, con eccessi di una crudele brutalità talmente inaudita che la Chiesa non potrà mai più cancellare. Tuttavia, Rendina, in questo suo saggio, dato il lungo elenco dei pontefici – veri o falsi -, a questi delittuosi avvenimenti, si riferisce solo di passaggio, mentre ad essi dedica tutta una serie di altre letture di altrettanto successo e ripercussione.

Naturalmente, i cattolici più praticanti potranno concludere che quanto egli descrive costituisca solo l’interpretazione del laico avverso alla Chiesa, ma in realtà non è così. Egli, bravo ricercatore, riepiloga i fatti in qualità di onesto storico competente e, forse, non forza nemmeno troppo la mano, come al contrario avevano fatto altri autori quali Thomas Paine con NELL’ETA’ DELLA RAGIONE o Robert Green Ingersoll con ORAZIONI DI UN MISCREDENTE. Rendina, invece, si attiene semplicemente agli eventi storici, senza cedere a qualsiasi genere di tentazione anticlericale. Questa è l’opera dello storiografo imparziale e coerente che ha saputo attingere agli archivi accessibili che finalmente, gli hanno permesso di riassumere avvenimenti del resto già noti; ovviamente, ha la probità di non omettere le colpe di non pochi dei personaggi con le vesti di pontefice, perché le evidenze sono ormai più che palesi. Del resto, perfino papi più vicini a noi, non sono sempre stati del tutto estranei a polemiche ed esenti a critiche, sia da parte di chi professa la fede come di chi mantiene posizioni più distanti.

Oggi stesso osserviamo come l’argentino José Mario Bergoglio papa Francesco, invece di limitarsi di dedicare le sue attenzioni essenzialmente alle questioni di fede, continua ad occuparsi di altro, intromettendosi nelle faccende politiche, invece di concentrare le sue preoccupazioni alle anime, alle questioni puramente evangeliche, si sforza nelle sue ripetute critiche, riferendosi perfino ad aspetti ecologici discutibili e, senza averne i titoli, si avventura dando enfasi ai propri preconcetti di natura economica. Ed allora, dimostra in maniera palese la propria totale incapacità di capire i virtuosi meccanismi di quello che Ludwig von Mises chiamava l’Ordine Spontaneo de Mercato – frutto delle libertà individuali e principalmente del diritto di libere scelte, da cui derivano gli evidenti vantaggi della globalizzazione che, contrariamente a ciò che egli si ostina  sostenere, non produce miseria, ma al contrario, ha generato circolazione della conoscenza e soprattutto ricchezza diversamente distribuita nel mondo, in funzione dei regimi più o meno liberi. Chi, invece, ha di fatto promosso una perversa e sanguinaria globalizzazione con le armi in mano, senza peraltro fomentare la produzione non solo la ricchezza da distribuire secondo il merito, ma nemmeno quell’uguaglianza a cui egli fa riferimento; chi ha fomentato le diseguaglianze, privilegiando quasi sempre la pura militanza e la superstizione nonché l’ignoranza contestando perfino la scienza, è stata proprio la sua Chiesa, come la stessa storia  testimonia.

E non si ferma a questo, ma mentre ricorre al populismo più sgarbato, facendo uso della più usurata e sconfessata retorica, si lascia coinvolgere addirittura da quella parte della Chiesa che fino a qualche anno fa – cioè prima del collasso del collettivismo – predicava apertamente la rivoluzione bolscevica attraverso la cosiddetta Teologia della Liberazione, di evidente ispirazione marxista; ed oggi giunge all’estremo di beatificare cardinali che a suo tempo, in modo del tutto inconcepibile e contraddittorio, avevano esaltato il comunismo, incitando perfino anche alla lotta armata, niente meno che in nome del Cristo! Ed il nostro caro popolare papa, dimentica tutti quei milioni di individui che hanno subito e sofferto la repressione, la miseria ed i lutti generati da quei regimi  apertamente atei.

In conclusione, la lettura de LA VITA PROIBITA DEI PAPI è certamente utile; molte osservazioni possono spiegare aspetti storici  mettendo luce pure sui conseguente ed aspetti nei contesti odierni del nostro Paese. Il lettore potrà, poi completare la sua conoscenza e soddisfare le proprie curiosità con gli altri saggi che Rendina ha dedicato alle questioni di Roma ed in modo specifico alle diverse circostanze che hanno reso la Chiesa il più importante elemento condizionante degli Italiani e del nostro modo di vivere, influenzando in maniera determinante l’evoluzione della nostra storia culturale. Se oggi molti Italiani credono ancora che gli umani sono vittime del peccato originale essendo stati, per questo, condannati al lavoro (considerato un castigo) – perché cacciati dal mitico paradiso terrestre – e prediligono il più inutile dolce fa niente, lasciando il concreto merito in secondo piano e considerano il lucro – degli altri – un peccato ed il denaro – altrui – come sterco del demonio, mentre nei Paesi protestanti si riconosce che l’individuo ha il dovere morale e civico di meritarsi ogni conquista, lo dobbiamo proprio ai nostri papi e come insegna anche quell’esimio autore liberale messicano, Octavio Paz, Premio Nobel per la letteratura, perché perfino la stessa Libertà è una conquista che ogni individuo deve sforzarsi a difendere con il proprio particolare merito.