OLTRE LA DEMOCRAZIA di Frank Karsten e Karel Becker (Recensione)

Democrazie sotto Accusa!

Se c’è chi ormai da tempo si chiede se il modello democratico che da molti anni ormai domina la scena politica di buona parte del mondo richieda una più seria e rigorosa valutazione, una lettura oltremodo pedagogica che posso caldamente consigliare e che fin dalle prime pagine, in modo molto convincente, riesce ad esporre per non dire demolire fin dall’inizio quel concetto – mito – che ci siamo formati della Democrazia, è proprio questa.

Se l’allora primo ministro inglese Churchill a questo proposito una volta ha dichiarava: “È stato detto che la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora.”; ebbene, allora forse un dubbio qualche dubbio si giustifica. Infatti, già in un così limitato numero di pagine i due autori olandesi espongono in maniera illuminante ed in un linguaggio accessibile a tutti, come dovremmo rivedere le nostre considerazioni su paradigmi dominanti e così consolidati.

Infatti, riescono a spiegare in maniera convincente come l’opposto di Democrazia non è affatto la dittatura, proprio perché la Democrazia delle maggioranze è un modello che reprime e mette a tacere le minoranze che di  modo del tutto legittimo, possono avere ambizioni distinte e addirittura del tutto contrarie ala maggioranza, ala quale non compete di reprimere coloro che ambiscono ad altre mete. Non per niente, essa, agendo, in modo assolutamente analogo alle dittature che si impongono e non permettono che si cerchi un equo consenso fra le parti che discordano. Il consenso, invece , è ciò che permette un pacifico convivio fra le parti.

Ed allora ci si potrebbe chiedere quale sarebbe il modo più adeguato per ottenere il massimo consenso? Ce lo spiegano i due autori olandesi Frank Karsten e Karel Beckman: lo si può raggiungere, tornando all’esperienza del passato, quando ogni comunità disponeva della libertà di gestirsi da sé; è quello il modello che tende a mettere tutti d’accordo, dove il massimo dei cittadini delle diverse comunità, possono riconoscersi per le scelte locali considerate prioritarie.

Pertanto, si può constatare come non sono i governi cosiddetti democratici e centralizzati quelli che promuovono l’armonia fra le diverse comunità che hanno distinte aspirazioni, interessi sovente in conflitto fra di loro, desiderosi di privilegiare i propri legittimi diritti che, non raramente, sono in diretto  ed antagonistico contrasto con quelli altrui, mentre i rappresentanti delle maggioranze fanno scelte a favore di chi ha più voce e ciò, inevitabilmente a scapito delle comunità ridotte in minoranza.

Questi governi definiti “democratici”, infatti, per favorire e ripagare gli elettori della maggioranza che li ha selezionati come loro delegati, così, si avvalgono di un certo grado di inevitabile arbitrarietà nei confronti dell’opposizione e promuovono abusi, aggiudicandosi ingiustamente prerogative a scapito delle minoranze, imponendo in maniera indiscriminata, scelte a favore di un maggior numero di individui a danno degli altri.

Pertanto, la maggioranza soffocante viene avvantaggiata in detrimento di tutti coloro che a causa di un sistema elettivo discriminatorio, sono ridotti a semplici sudditi, privati delle proprie legittime aspirazioni, frustrando quelli che dovrebbero essere i loro leciti desideri.

Naturalmente, in qualsiasi altro modello di gestione, ci potranno sempre essere degli individui insoddisfatti; tuttavia, la storia ci insegna che è ben possibile ridurre certi conflitti d’interesse, formando governi che impongono scelte arbitrarie in minor misura; infatti, non sempre è stato così in passato. Di fatto, si possono costituire modelli di amministrazione in grado di ridurre queste ingiuste forme di gestione.

Ecco come i modelli che governano e fanno scelte in detrimento di un minor numero di cittadini, sono quelli più decentralizzati. Questi, gestiscono la cosa pubblica di comunità meno numerose e possono ottenere più facilmente il consenso capace di abbracciare il massimo di individui possibile,  evitando di danneggiare un elevato numero di elettori, come invece non avviene nelle democrazie, dove per una modesta differenza di elettori. Infatti, anche solo per una di percentuale minima, i vincitori possono pregiudicare un numero di cittadine per qualche frazione di punti in più.

Quindi, le forme di governo che, come abbiamo visto in passato riconoscevano alle diverse località regionali autonome la propria indipendenza, governavano meglio ed in maggior armonia di quanto avviene attualmente nella maggioranza delle nostre Nazioni a regime cosiddetto democratico, mentre nei modelli autonomi e in cui le comunità sono associate in sistemi federativi, conservando ampie autonomie, i centri di comando si trovano in diretto contatto con i cittadini che li possono amministrarsi anche meglio, essendo direttamente controllati in loco.

Questo saggio, dunque, è una utilissima introduzione a concetti libertari che trattano argomenti capaci di meglio far comprendere al pubblico come sia possibile attendere ulteriormente le minoranze, soprattutto nei casi di Nazioni composte da maggioranze linguistiche relative distinte, dove per esempio importanti comunità come possono essere quelle della Scozia, della Catalogna, del Paese Basco, della Corsica, di cui si parla tanto in questi tempi, ma che potrebbero riguardare ugualmente anche diverse zone geografiche specifiche del nostro Bel Paese.

Ai lettori desiderosi di approfondire questo singolare tema, poi, potranno ampliarlo l’assunto meglio ancora con un’altra opera più impegnativa del libertario Hans-Hermann Hoppe, DEMOCRAZIA: IL DIO CHE HA FALLITO.