L’ORO DI MOSCA di Gianni Cervetti (Recensione)

Una Storia scritta a Metà

Questa lettura di poco più di 200 pagine, è davvero un interessantissimo documento in cui l’importante membro del Partito Comunista Italiano – Gianni Cervetti – incaricato all’amministrazione dal nuovo segretario del PCI,  Enrico Berlinguer, viene delegato a promuovere un certo distacco dal collettivismo sovietico e di rinunciare alle sue sovvenzioni. Qui egli ci spiega parzialmente come i nostri comunisti per molti anni dipendevano dai sussidi sovietici con i quali si finanziavano i loro giornali e riviste: l’UNITÀ, PAESE SERA, L’ORA, RINASCITA, ma non solo, anche attività culturali come il cinema, l’apertura di nuove sedi in giro per l’Italia e così via.

Tuttavia, l’autore, nonostante la sua onestà per le sue parziali confessioni, a proposito delle quali egli stesso commenta che ormai erano più che note anche agli avversari, perché i Dollari provenienti dall’URSS venivano convertiti in Lire presso cambiavalute che poi non mantenevano necessariamente il segreto; ma, Cervetti insiste, spiegando di non sapere nei dettagli come lo stratagemma funzionasse e come i fondi erano applicati e distribuiti, prima di assumere egli stesso quell’amministrazione con la nuova segreteria di Berlinguer che aveva sostituito Longo a sua volta erede del Migliore alias Togliatti, il fedelissimo ostinato stalinista, la cui “particolare” indole ci viene descritta molto bene dal suo segretario particolare, Massimo Caprara – in QUANDO LE BOTTEGHE ERANO OSCURE https://liberalismowhig.com/2016/09/07/debiti-storici-riscossi/

Ebbene, la sua discrezione si giustifica, evidentemente, l’argomento era troppo delicato e celava troppi scomodi segreti; infatti, il denaro che il PCI riceveva da Mosca, fra l’altro, serviva pure per le “pensioni” erogate alle vedove dei compagni rifugiatisi in Unione Sovietica e che erano stati condannati a morte per aver criticato ciò che avevano trovato nel cosiddetto paradiso del proletariato e per non allinearsi totalmente con lo stalinismo; le pensioni, dunque, servivano come ricatto per mantenere il silenzio dei familiari che sapevano… Lo si apprende dalle pagine ricchissime di Giancarlo Lehner e Francesco Bigazzi – LA TRAGEDIA DEI COMUNISTI ITALIANI e CARNEFICI E VITTIME – dove, si narra il dilemma della vedova di Giuseppe Rimola, alias Carmelo Micca, torturato alla Taganka e condannato a morte per presunto tradimento.

Allora, forse, per equilibrare un po’ l’imbarazzo, l’autore verso la fine del libro, cerca di giustificare questa dipendenza economica dall’URSS, spiegando che altri partiti – ed in modo particolare la DC – ricevevano sussidi ancora più importanti dagli Stati Uniti, sia da fonti private che dalla CIA, ma non rivela che allo stesso tempo un notevole numero di attivisti italiani erano mantenuti e stipendiati in Cecoslovacchia, dove individui coperti da pseudonimi organizzati in autentiche milizie dalla struttura paramilitare denominata Scuola Politica del Compagno Sinka, seguivano dei veri corsi di sabotaggio e di terrorismo. E del resto, non è affatto credibile che Cervetti non fosse al corrente di questi finanziamenti paralleli anche perché le visite a Praga da parte dei suoi compagni erano sistematicamente frequenti…

Ed ecco che, purtroppo, nelle sue pagine, non c’è nemmeno un’unica allusione sulle risorse che finanziavano e mantenevano questo movimento parallelo del PCI, coordinato dal giornale Democrazia Popolare; e nemmeno un riferimento alle emittenti radiofoniche di propaganda strettamente legate ai nostri comunisti in Italia, localizzate a Praga, sia ufficiali (Radio Praga) come quella clandestina Radio Oggi in Italia (con sede ufficiale presso una cassetta postale a Berlino Est), i cui redattori inizialmente ed in parte erano ex partigiani fuggiti  perché – alcuni anche in contumacia – condannati per gravi delitti commessi dopo la fine della guerra per vendicarsi e perseguendo ex fascisti o collaborazionisti con il regime sconfitto.

Del resto, da altre fonti, si apprende che diversi partigiani di sinistra non se l’erano presa solo con i fascisti, ma addirittura anche con gli stessi partigiani contrari al sistema sovietico che temevano pure la minaccia di Tito. Fatto sta, che questi presunti eroi che – come si era detto allora <<non si erano tolti l’elmetto>>, invece di cederle, avevano conservato e nascosto le armi per una prossima occasione; infatti, tramavano addirittura il rientro in Italia. E se non ci fosse stata l’organizzazione di controspionaggio Gladio Stay Behind, con l’aiuto dei servizi segreti americani, il colpo di Stato forse non sarebbe fallito; infatti, nel 1953 tutto era pronto per un’invasione che avrebbe rovesciato il modello democratico per prendere il potere insieme ai sovietici.

Niente di tutto ciò ci rivela il libro di Cervetti; invece, per capire come i finanziamenti sovietici non si limitavano solo alla segreteria del PCI in Italia, fra le tante, è oltremodo utile apprendere da altre eloquenti fonti, in primo luogo le 342 pagine di GLADIO ROSSA prima e STORIA SEGRETA DEL PCI poi, sempre di Rocco Turi che sveleranno perfino i rapporti che si erano sviluppate poi con le nostre Brigate Rosse, che guidate dall’esterno eseguiranno la strage del sequestro e l’assassinio di Aldo Moro e poi più tardi, possibilmente, un ambiguo coinvolgimento dei servizi segreti sovietici nell’improvvisa morte di Enrico Berlinguer; avvenimenti che Turi sospetta possano essere attribuiti alla KGB; infatti, erano troppo bene organizzati da essere stati pianificati da chi non aveva esperienza in azioni così bene riuscite, come dimostrato dal dilettantismo nell’incidente subito dal più che noto estremista di sinistra – Giangiacomo Feltrinelli – esplososi addosso l’ordigno che stava per innescare su di un traliccio a Segrate…

Pertanto, questo libro, dovrebbe essere letto tanto prima come dopo aver appreso quanto descritto da Rocco Turi che, durante oltre vent’anni, ha avuto modo di studiare meticolosamente la presenza ed i movimenti dei nostri esuli connazionali rifugiatisi in Cecoslovacchia, come già commentato in altra recensione in questo sito – GLADIO ROSSA

https://liberalismowhig.com/2016/12/31/il-vaso-di-pandora/assunto sul quale avremo ancora modo di riparlare al momento di recensire il saggio complementare dello stesso autore: STORIA SEGRETA DEL PCI.

Intanto, dalle pagine del bravo e coraggioso Cervetti, ad un certo punto, apprendiamo comunque con quale insistente desiderio i comunisti italiani, una volta approvato il finanziamento pubblico dei partiti, preparavano l’indipendenza da Mosca per poter entrare nel famoso governo del Compromesso Storico voluto da Moro. L’autore, però, per scagionare i compagni di Mosca, senza riferirsi ai fattacci di Moro cerca di chiarire che loro con la morte di Berlinguer non centravano affatto. Tuttavia, non solo focalizza gli attriti che erano nati con loro, e mentre insiste sui contrasti che si erano sviluppati fra il Partito Comunista Italiano, guidato da Berlinguer ed i dirigenti sovietici, chiarisce come non potevano rassegnarsi a tale incompatibile dissidio che si scontrava direttamente con l’internazionalismo comunista, conflitto derivato da quello che chiameranno Eurocomunismo, che condannava l’invasione delle truppe del Patto di Varsavia intervenuter soffocare con la forza la Primavera di Praga, a sua volta, inaugurata da Alexander Dubček che inaugurava una specie di “socialismo dal viso umano”, ma che minacciava tutto il sistema di oltre cortina di ferro.

Ma ai dati – ben documentati – di  Rocco Turi si aggiungono ulteriori particolari descritti da Valerio Riva in ORO DA MOSCA che allargherà la sua analisi agli aiuti elargiti dai sovietici a tutti i continenti, anche in Italia, nonostante l’interruzione del finanziamento diretto al PCI coordinata da Cervetti, il quale fin dalle prime pagine del suo libro, cerca di contestare la versione di Riva. Ciononostante, le evidenze dell’attività delle Brigate Rosse, danno ragione a quest’ultimo. Del resto, Cervetti descrive come nello stesso ambito del PCI, esisteva un palese disagio per la svolta a favore di una governo del Compromesso Storico con la DC.

Ad ogni modo, anche dalle sue pagine si deducono particolari molto importanti quanto delicati sulle divergenze con Mosca a partire dalla svolta impressa dalla segreteria di Berlinguer, al punto che l’autore stesso sente la necessità di accennare all’estraneità dei sovietici nella morte del proprio Berlinguer, mentre Turi, in modo oltremodo convincente, spiega che sia Berlinguer come Aldo Moro sono stati eliminati perché troppo scomodi per l’Unione Sovietica e per la sopravvivenza del comunismo internazionale.

Una lettura ricca di verità intere, mezze verità, ma purtroppo anche di verità forse volutamente taciute o velate ed a mio avviso, in modo abbastanza palese mutilate.